mercoledì 15 marzo 2017

Baby gang: ecco cosa possono fare genitori e prof contro i prepotenti

Compio un reato, lo filmo, lo mostro al mondo. L’«esibizionismo narcisistico del male», come lo definisce Alberto Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva, è la cifra delle ultime violenze registrate dalla cronaca, opera dei ragazzini malvagi di Vigevano. «Un gruppo di persone giovanissime che sta dedicando le proprie energie a distruggere e rovinare, degradare e umiliare, con modalità ricorrenti e vittime designate», dice l’esperto, che ha appena pubblicato un libro-guida per i genitori: L’età dello tsunami.
Bisogno di potere
Una violenza che nasce da due bisogni: «Il bisogno di potere, di affermare un potere disfunzionale, malvagio, denigratorio. E il bisogno di essere visti, di costruirsi un pubblico collocandosi al di fuori del principio di realtà». Perché quei video girati per «affermare il proprio potere», diventeranno ora la testimonianza più importante che inchioderà gli autori alle conseguenze penali delle proprie azioni. «E non si dica che si tratta di ragazzate», avverte lo specialista, stigmatizzando l’atteggiamento di difesa dei genitori dei minori arrestati: professionisti e commercianti, riferiscono le cronache, persone adulte cui la vita ha fornito tutti gli strumenti per farsi strada. Con figli diseducati rispetto a ciò che conta davvero. «Sono ragazzi fragili, questo sì: che non costruiscono alcun significato intorno a quello che fanno e ne ricavano solo un vantaggio superficiale. Manca un’educazione etica e morale, ci circondiamo di oggetti che stanno fuori di noi e non costruiamo nulla dentro».
Il successo della prepotenza
Di chi le colpe? «Di genitori che chiudono gli occhi ma insieme tolgono potere agli insegnanti. Di chi non alza la voce quando va fatto». Ma anche del «sistema», una volta tanto evocato a proposito. Perché secondo l'esperto siamo di fronte a un «allarme sociale»: «Viviamo in un’epoca e in un contesto culturale in cui due messaggi passano ai giovani: il primo è che quel che conta, che dà valore, è essere popolari, avere successo. E il secondo è che il successo si raggiunge con la prepotenza». «Una volta - dice Pellai - la chiave d’accesso al potere era basata sull'avere competenza. Questo non esiste più: si diventa potenti essendo molto prepotenti. Basta vedere quali sono i modelli dominanti, personalità politiche e dello spettacolo, soprattutto». Prevale la competizione che distrugge, sulla cooperazione che costruisce. O, per dirla in termini psicologici, «la gratificazione della mente di questi ragazzi, il loro cercare di star bene, passa dal far fuori gli altri più che dal collaborare».
Contro il bullismo
Su questo bisogna lavorare, avverte Pellai: a casa come a scuola. Agli insegnanti raccomanda di privilegiare l’approccio cooperativo nello stare in classe, sostenuto da tanti modelli pedagogici: «L'arma più efficace contro il bullismo: dal modello cooperativo alla classe capovolta, dove si lavora per gruppi, tutti hanno un ruolo; e la vittoria, quando c’è, non è del singolo ma del gruppo». E poi attenzione ai social network, «la parte disumanizzante delle relazioni, l'unica finestra d'affaccio di individui che mancano di empatia, che si possono permettere di fare così tanto male perché avvertono solo il loro senso d’orgoglio, non il dolore dell’altro». 
Ai genitori che non hanno - o hanno smarrito - l’indirizzo, spiega che nei ragazzi va allenata tanto di più l’empatia, la partecipazione emotiva, la capacità di porsi nello stato d’animo dell’altro. «L'esercizio da fare è stare con gli occhi negli occhi dell’altro e attraverso lo sguardo cercare di capire quello che prova. La natura ci ha dotati dei neuroni specchio, che svolgono questo compito: si attivano in risposta all'azione di un altro individuo. Una capacità che questa generazione sta bruciando perché guarda l’altro solo nel suo profilo Facebook». L'uomo però, avverte Pellai, «si è evoluto non perché ha fatto fuori il nemico, ma perché ha fatto forte il suo branco».
Fonte: www.corriere.it

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