venerdì 23 novembre 2012

Disabili, barriere e protesta civile: una lenta e difficile evoluzione

Roma sarà una città più felice quando ci saranno per le strade più carrozzine, ma anche più sedie a rotelle. Se in un Paese con il nostro grado di sviluppo le nascite di bambini non fossero così scarse, crescerebbe la propensione dei cittadini a provvedere al futuro della propria comunità. Di certo siamo brutalmente in ritardo nel rendere accessibili a quanti abitano a Roma, o la visitano, opportunità che la vita riserva. 
In anni di nuove tecnologie, videofonini, wi-fi, invenzioni che sbocciano di mese in mese, è fuori tempo precludere a molte persone non in grado di camminare, o costrette dalla salute a camminare con difficoltà, la possibilità di andare in giro per la capitale d'Italia.
Se è troglodita che nella maggioranza dei bagni di stazioni, aree commerciali, grandi ristoranti manchino fasciatoi per cambiare pannolini ai neonati, è da cavernicoli conservare intatta nel 2012 l'enorme quantità di barriere architettoniche che assedia quanti non hanno due gambe perfettamente in funzione. Altrettanto lo è creare sbarramenti ulteriori con oggettive gare in sadismo tra coloro che parcheggiano su strisce e altri che ostruiscono tratti di marciapiede inclinati per il passaggio di invalidi.
Considerati gli strumenti dei quali dispone la nostra società non adoperati a buon fine, a quanti di noi sono disabili infliggiamo senza motivo una pena detentiva. Una immeritata reclusione in spazi ristretti. Ci pare giustificabile?
Se chiamiamo pubblici i servizi pubblici, ai concittadini e ai visitatori già affaticati da difficoltà fisiche non vanno negati. Per chi è in sedia a rotelle, la metropolitana romana risulta una stratificazione di ostacoli, come ha evidenziato la ricognizione di Fiamma Satta descritta da Paolo Foschi sul Corriere di lunedì.
In altre città europee, negli Stati Uniti, le numerose sedie a rotelle in circolazione, a mano o a elettricità, segnalano maggiori capacità di movimento per chiunque. Nelle strade, negli uffici, nei supermercati, nei cinema.
Passiamoci una mano sulla coscienza, gli amministratori locali e non soltanto loro. Per quali motivi da noi stiamo arrestando quella marcia verso l'evoluzione che nei decenni, da oltre un secolo, ci ha portato ad essere prima villici inurbati e poi, via via, meno rozzi? Fino agli anni '60, sugli autobus c'era scritto che non si doveva sputare per terra.
L'aumento dell'istruzione diffuse più educazione, e oggi (quasi sempre) cartelli così non sono più necessari. Guidavamo senza cinture di sicurezza. Ci siamo abituati a metterle, con benefici per la nostra salute e la spesa ospedaliera. Fumavamo nei cinema. Abbiamo capito che fa male, si è smesso. Ma perché verso i nostri amici e parenti con difficoltà fisiche ci siamo evoluti in maniera insufficiente?
«La stupidità non è considerata un handicap, parcheggia altrove», scrive qualcuno in fogli lasciati su auto posteggiate abusivamente in posti per disabili. Quando è possibile, attraverso un commento, una protesta civile, uno sguardo indignato chi lo merita percepisca l'inciviltà del proprio comportamento.
Fonte: IlCorriere.it

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