venerdì 25 gennaio 2013

Roma, la città delle acque

Lo scriveva già Plinio il Vecchio, che Roma era la città in cui si poteva bere “aqua clarissima”, ma forse ogni tanto ce ne dimentichiamo, anche perché i ‘nasoni’ in giro (duemila in tutto, appena 280 all’interno delle Mura Aureliane) a ricordarcelo sono ormai rimasti in pochi.

Così quando, qualche giorno fa, ho letto di una ricerca inglese secondo cui l’acqua in bottiglia, nonostante sia più costosa di quella che sgorga dal rubinetto, non è per forza più sicura o immune da contaminazioni, abbiamo deciso di fare un ripassino dell’universo "acqua pubblica".

Si dice comunemente che in alcune parti di Roma aprendo il rubinetto si possa gustare un bel bicchiere di acqua minerale: beh, questo è vero solo in parte, perché secondo le associazioni di categoria, la dicitura “minerale” si può giustamente attribuire a un’acqua solo dopo che questa superi brillantemente (è proprio il caso di dirlo) una serie di accurati controlli igienico-sanitari che la distingueranno così da una semplice acqua potabile.

Ma nel senso che comunemente diamo alla parola “minerale”, come sinonimo di buono e salutare, allora che a Roma quest’acqua sgorghi direttamente dal rubinetto è certamente vero, come è vero che è bella fresca e ricca di calcio. Basti pensare come l’ha pubblicizzata l’estate scorsa il Campidoglio, che ha promosso ai turisti la vendita delle eco-water, bottigliette da riempire completamente riciclabili!

Stando ai dati dell’Acea, in città arrivano 5 tipi di acqua, dalle provenienze diverse: il 70% è dell’acquedotto Peschiera, che porta il frutto delle sorgenti Peschiera, appunto, e Capore, opportunamente miscelate nel centro idrico Salisano. Il 20%, poi, è di provenienza antica: viene, cioè recapitato dall’acquedotto romano dell’Acqua Marcia che ‘pesca’ da una decina di fonti nella Valle dell’Aniene, con un eventuale contributo della sorgente Acquoria, vicino Tivoli.

Infine, ci sono altre fonti che pur coprendo un fabbisogno minimo del consumo d’acqua quotidiano della città, vanno comunque citate: circa il 3% è trasportato dall’acquedotto Appio-Alessandrino e viene dai pozzi di Pantano, Torre Angela e Finocchio; l’1% viene ricavato dalle polle sorgive di Salone e passa attraverso l’acquedotto Nuovo Vergine. Quanto alle acque del Lago di Bracciano (succhiate a 50 m di profondità e opportunamente depurate), costituiscono la riserva idrica di Roma in caso di emergenza, mentre in casi di normale amministrazione ammontano a meno del 2% del totale.

La maggior parte di noi, quindi, beve, cucina (e si lava) con un’acqua di tipo calcareo, che tra l’altro è fra le più pregiate cui si possa aspirare, con una piccola aggiunta di acqua lacustre. Se abitate a Monteverde vecchio o a Trastevere, però, a questa miscela viene aggiunta anche l’acqua Marcia, parte dell’Acquoria e delle acque trasportate con l’impianto Appio-Alessandrino.

La zona orientale della città, da Tor Sapienza a Centocelle fino a Casal Morena e tutti i quartieri che si snodano intorno alla Roma-L’Aquila o lungo la Casilina e la Prenestina, l’Appia e la Tuscolana, è servita prevalentemente dall’acqua Marcia con aggiunte di Acquoria, quindi un’ acqua di travertino, caratteristica per l’elevata durezza; tutto il sud, dalla Garbatella in giù, invece, da miscele di Peschiera-Capore, Marcia e Appio-Alesandrino.

Infine, curioso saperlo, se abitate in centro, l’acqua che bevete ogni giorno è esclusivamente calcarea (proveniente dal Peschiera-Capore) mentre se avete casa a La Rustica, certamente utilizzate l’acqua del Nuovo Vergine, classificata tra quelle di tipo vulcanico.

E poi ci sono i pochi fortunati: quelli che abitano vicino al parco dell’Appia Antica, dove si trova la fonte Egeria, detta l’acqua santa di Roma: qui, alla faccia dei prodotti a km 0, dalle 8 alle 19 nei giorni feriali, o fino alle 18.30 nel weekend, tutti possono riempire direttamente alla fonte le proprie taniche per poi consumarle comodamente a casa propria, oppure acquistare l’acqua già imbottigliata.
Fonte: 06blog.it

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