venerdì 7 febbraio 2020

Cyberbullismo, nella piazza virtuale il bullo non conosce orari

Il 7 febbraio è la Giornata Nazionale contro il bullismo. Un momento importante, che chiede ancora una volta di sensibilizzare tutti all'empatia, ossia alla capacità di entrare in contatto con il sentire dell’altro affinché diventi ingrediente essenziale del rispetto per l’altro. I numeri del bullismo e del cyberbullismo, nonostante le leggi in materia abbiano aiutato parecchio a contrastare i due fenomeni, devono ancora tenere alta la nostra attenzione. In Italia, tre studenti su cinque sono vittime di violenze o minacce, secondo quanto illustrato dall’Istat nel corso di un’audizione presso la Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza. Più del 50% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni riferisce di essere stato vittima di un episodio offensivo, non rispettoso o violento, negli ultimi dodici mesi. Il 20% di loro ha detto di aver subito atti di bullismo una o più volte al mese. Più di tutti, sono colpite le ragazze.

Ma che cos'è il bullismo e perché nonostante quanto si stia facendo non si riesce ancora ad arginare del tutto il fenomeno? È un atto di esclusione dalla società di una persona in particolare. Si basa su tre aspetti importanti: intenzionalità, durata, e asimmetria nella relazione. Aspetti che indicano che si può riversare la propria aggressività su qualcun altro perché secondo il bullo è magro, grasso, alto, basso, bello, brutto, intelligente, stupido, ha oggetti o abiti che hanno tutti o che non ha nessuno, ha una famiglia con minori capacità economiche e ogni tipo di altra motivazione che può generare una vessazione e una ripetizione della sua presa in giro. Il bullismo si manifesta in un luogo pubblico, in un’aula, nel cortile della scuola, in un locale, o in una piazza a titolo di esempio. E quando il bullo agisce, un passo più indietro di lui, ha sempre una corte di spettatori e di sostenitori.

Il cyerbullismo che, sempre secondo i dati Istat, colpisce il 22,2% di tutte le vittima di bullismo, ha una piazza più ampia rispetto a quella che hanno i bulli fuori dalla rete. Si può attuare e perpetrare 24/24 ore, si espande a macchia d’olio nelle chat, sui social o sugli altri canali che i ragazzi hanno a disposizione. A volte, purtroppo, concludendosi con epiloghi drammatici, come ci hanno raccontato le cronache. Non di rado, il cyberbullo si comporta così perché è stato vittima di bullismo a sua volta. Bulli e cyberbulli possono avere avuto un’educazione molto permissiva e non hanno il senso del confine, oppure al contrario possono essere cresciuti all'interno di una famiglia molto rigida e riversare la loro aggressività sui compagni, gli amici, o i conoscenti.

A volte, sono anche gli adulti che si comportano come bulli: pensiamo a che messaggio riceve un figlio che vede il genitore sempre parcheggiare in doppia fila, ostacolando l’uscita di un’altra macchina, o che lo sente prendere in giro qualcuno per come si veste, o per ciò che dice. O ancora, vantarsi di avere escluso qualcuno da una chat perché gli stava antipatico per questa o per quell’altra ragione.

Sono esempi, naturalmente. E potrebbero continuare a lungo. Ai grandi, il suggerimento è quello di prestare attenzione ai cambiamenti dei figli, conoscere i loro amici, perché capita spesso che si confidino con loro, invitare i ragazzi a non avere paura di raccontare i loro timori. Non facciamo l’errore di minimizzare mai quello che ci raccontano i figli con frasi tipo: “Non farci caso, o cosa vuoi che sia?!”. Poi, denunciamo agli Organi competenti, questa è la prima cosa da fare. Non giudichiamo i ragazzi, discutiamo dei comportamenti che hanno adottato o subito. Lavoriamo sull'empatia, chiedendo loro: “Come ti fanno sentire le parole che ti ha detto tizio?”, “Tu cosa hai fatto?”. Aiutiamo anche il bullo, che a sua volta è vittima anche lui della sua insicurezza che esprime attraverso l’aggressività: lavoriamo sulle sue debolezze. Sicuramente ne ha tante. La parola può fare molto per contrastare bullismo e cyberbullismo. Usiamola bene.
Fonte: https://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca

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