lunedì 24 febbraio 2020

Coronavirus, smart working applicabile subito: non servono accordi lavoratori azienda


Lavoro agile subito, senza tutti gli adempimenti previsti dalla legge. Lo stabilisce uno dei decreti attuativi del dl 23 febbraio 2020 n. 6 (misure urgenti sul coronavirus), appena pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. "Ci sono aziende che erano pronte da tempo con accordi sullo smart working. - spiega Mariano Corso, responsabile dell'Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano - Per tutte le altre, ci sono tempi tecnici piuttosto lunghi, bisogna sottoscrivere un accordo individuale, l’azienda è  tenuta a fare informativa sulla sicurezza comunicazione a ministero del Lavoro e all’Inail. Così come è accaduto a Torino per l'alluvione o a Genova per il crollo del ponte, invece adesso le aziende possono attuarlo immediatamente, in modo da non rimanere ferme".

L'Italia si avvia dunque a seguire le orme della Cina, dove da settimane è in atto quello che è stato definito "il più grande esperimento di smartworking mai messo in atto", milioni di lavoratori costretti a casa per la quarantena obbligatoria stabilita dal governo per tutti i cittadini, per contenere la diffusione del coronavirus, al lavoro con telefono e computer. Persino le scuole si sono organizzate in questo modo, dalle elementari al liceo. Con numeri diversi, vista la differenza della popolazione (oltre un miliardo i cinesi, 60 milioni gli italiani) l'Italia da oggi può seguire seguire la stessa strada sull'onda della stessa emergenza sanitaria: le Regioni maggiormente colpite dal contagio hanno chiesto alle aziende di limitare al minimo gli spostamenti e a fare uso il più possibile del telelavoro, e le aziende si stanno adeguando.



Di regola per l'avvio del lavoro agile occorre, secondo la legge 81/2017, un accordo individuale lavoratore-aziende, che specifichi nel dettaglio tempi e modi di utilizzo degli strumenti che permettono di lavorare da remoto, e cioè pc portatili, tablet e smartphone. La legge garantisce ai lavoratori agili parità di trattamento economico e normativo rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie. È, quindi, prevista la loro tutela in caso di infortuni e malattie professionali. Quest'accordo va poi registrato sul portale del ministero del Lavoro

Certo, non tutte le imprese sono in grado di partire dall'oggi al domani, ma chi lo è, in questo momento è fortemente avvantaggiato, rileva Corso: "Già oggi le grandi multinazionali, gruppi come Unicredit e Generali stanno lavorando a pieno ritmo, nonostante gli uffici siano chiusi. Hanno percentuali di lavoratori attrezzati per il lavoro agile del 60-70%, e un'organizzazione corrispondente. Chi invece non è attrezzato avrà maggiori difficoltà, e magari se sarà costretto a organizzarsi nel giro di pochi giorni avrà anche un calo della produttività, che di regola con lo smart working invece sale anche del 15-20%, perché si lavora per obiettivi. Ma è comunque meglio che stare fermi, costringendo anche i lavoratori a farlo".

Impensabile invece per ora avviare lezioni a distanza di scuole e università, come invece sta accadendo in questi giorni in Cina. Anche se ci sono già realtà che operano in modalità a distanza: "I nostri corsi qui al  Politecnico, che sarebbero dovuti partire stamattina, sono stati rinviati da una settimana. Ma la School of Management invece ha portato gran parte della formazione su piattaforma digitale, per cui molto si svolge già in modalità smart learning: io la settimana scorsa ho avuto due aule in contemporanea, e non ho mai incontrato gli studenti".

Attualmente, secondo i dati dell'Osservatorio del Polimi, opera in smart working il 58% delle grandi imprese, si tratta di 570.000 lavoratori. Tra il 2018 e il 2019 c'è stata una crescita del 20%. Lo spazio di crescita è molto maggiore: "Noi stimiamo che cinque milioni di lavoratori in Italia potrebbero adottare lo smart working. Molti di loro lavorano in aziende di piccole e medie dimensioni. Ci sono anche pubbliche amministrazioni: a Torino il Catasto ha avviato con successo il progetto di edilizia agile, che ha permesso di ampliare gli orari di apertura e di avere una maggiore produttività. E ci sono anche attività che non si pensa possano essere svolte in modalità agile, come la manutenzione: lo ha fatto per esempio la ABB di Genova, che prima mandava i propri dipendenti in Uganda e invece adesso, dopo aver lavorato sui processi con le nuove tecnologie, può intervenire a distanza".

Insomma l'emergenza rappresenta una grande sfida anche sotto il profilo dell'evoluzione del lavoro: se lo smart working si affermasse come una buona soluzione per superare le difficoltà temporanee, significherebbe anche poter dare maggiore spazio in futuro a modelli di organizzazione che prediligono la flessibilità, con maggiori vantaggi competitivi dell'azienda e benefici "collaterali", da quelli sulla vita personale dei dipendenti a quelli sul traffico cittadino e più in generale sull'ambiente.
Fonte: https://www.repubblica.it/economia

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